da “La Voce del Popolo” di Fiume
di Mariella Mehle
L’attore si è presentato con il suo lavoro teatrale «Recital»
È stato più che gradito il ritorno a Capodistria dell’attore Gianfranco Jannuzzo, che ha portato in scena presso il teatro cittadino il suo lavoro teatrale “Recital”. È stato ospite quattro anni fa su invito del Consolato Generale d’Italia a Capodistria in occasione della Settimana della lingua italiana, mentre questa volta il suo spettacolo ha voluto essere un regalo ai connazionali in prossimità delle imminenti festività. L’evento, allestito in collaborazione con l’Università Popolare di Trieste e la Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria, rappresentate in platea da Paolo Rovis e Fabrizio Somma rispettivamente Mario Steffè, ha visto pure la presenza del deputato CNI alla Camera di Stato, Felice Žiža, del presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, come pure dei vertici delle Comunità italiane del circondario consolare, numerosi soci e simpatizzanti. Nei saluti iniziali il console generale d’Italia a Capodistria, Giovanni Coviello, ha colto l’occasione per ringraziare la collettività italiana per la calorosa accoglienza riservata in varie occasioni, sottolineando la preziosa collaborazione delle CI e CAN che si adoperano incessantemente per mantener vive le tradizioni della penisola italiana e che si identificano nel tricolore e nelle eccellenze che rappresenta. Ha quindi rilevato l’impegno del Consolato stesso, dell’Ambasciata italiana a Lubiana, dell’Istituto Italiano di Cultura e dell’Italian Trade Agency di Lubiana, protesi all’unisono a valorizzare e celebrare il modo di vivere all’italiana. L’augurio di Coviello è quello di mantenere una comunità sempre più coesa e unita nel condividere valori, prospettive, diritti e doveri ma anche prodigarsi per un futuro comune da costruire insieme, dove soltanto il lavoro tenace, coerente e lungimirante può produrre risultati concreti in questo campo. Il diplomatico ha quindi rinnovato la propria disponibilità a fungere da collante come pure da ponte tra tutti vari segmenti della nostra collettività. Tra i propositi ha menzionato quello di continuare a erogare i servizi consolari in maniera efficace ed efficiente, trasparente e imparziale. Coviello ha rivolto quindi un saluto speciale ai più giovani, nei confronti dei quali si ha la responsabilità di preservare la magia del Natale e di tenere vivo lo spirito di una festività parte integrante del patrimonio culturale. “Natale vuol dire ricordare e celebrare il senso della nostra più profonda umanità in un mondo lacerato dalle ferite della guerra in Europa e Medio Oriente. Il Natale lascia presagire la speranza di una luce che rischiari sempre le tenebre del mondo e riscaldi il freddo che sorge dal cuore ottenebrato dell’uomo. Quella stessa luce che vediamo sovente risplendere negli occhi dei bambini”, ha concluso lasciando quindi il palco al vero mattatore della serata, una delle leggende del teatro italiano, Gianfranco Jannuzzo. Un palco spoglio, con solo pochi elementi come un pianoforte, un appendiabiti, un tavolino e una sedia, dove a riempire lo spazio è stato l’artista poliedrico, originario di Agrigento con una formula di spettacolo molto ben rodata. L’artista infatti sin da piccolo sognava di fare questo mestiere e uscito dal Laboratorio di esercitazioni sceniche del maestro Gigi Proietti, ha lavorato per anni con Gino Bramieri, ma anche con altri grandi nomi della scena teatrale come Turi Ferro, Valeria Moriconi, Rossella Falk, lavorando anche in televisione e per il cinema e oggi coltiva la passione per la fotografia. Il “Recital” si è dipanato tra racconti esilaranti conditi da barzellette a momenti di riflessione scaturiti da temi più seri, intercalati da passi di pura liricità scritti assieme ad Angelo Galli. Il fil rouge del monologo è stato comunque il grande amore per la propria terra d’origine, la Sicilia, argomento che lo ha visibilmente commosso e che nel raccontarla ha riconosciuto anche tante caratteristiche di tutti gli italiani. “Sono 40 anni che giro l’Italia con grande soddisfazione e colgo le differenze tra gli italiani che cerco poi di portare sul palcoscenico. Ritengo che queste straordinarie differenze dialettali, sociali e culturali rappresentino al contempo l’unicità di tutti noi italiani. I veneti, per esempio, sono molto diversi dai siciliani ma hanno lo stesso senso di ospitalità, lealtà, il senso dell’amicizia. Tante culture ne hanno formato una più grande, che le comprende tutte che è quella italiana”, ha osservato Jannuzzo specificando che ogni regione ha un proprio dialetto che rappresenta la forma più immediata di comunicazione che abbiamo, quella alla quale ci rivolgiamo quando vogliamo essere sicuri di arrivare al cuore del nostro interlocutore.
L’artista ha toccato temi come la donna che ha definito madre, terra, generatrice di vita. Quindi l’importanza del mare che circonda l’Italia intera, definendolo un ponte di culture. Ha parlato del senso di appartenenza al piccolissimo borgo natio o alla grande metropoli che non scorderemo mai nella vita nel bene o nel male e del dilemma se dobbiamo andare o rimanere, se coltivare il privilegio di vivere nel paese o città che ci ha dato i natali, oppure andare a cercare fortuna altrove e poi magari ritornare. Il monologo ha lasciato spazio pure a due intermezzi in musica dove Jannuzzo si è esibito al pianoforte o sul finale dove ha dato dimostrazione di dialogare in chiave jazz con gli strumenti musicali. A conclusione di due ore di spettacolo, dove sono scattati scroscianti applausi, il vicepresidente dell’UPT Paolo Rovis ha consegnato al gradito ospite una Targa con il sigillo trecentesco della città di Trieste. La serata è quindi proseguita nel foyer del teatro con il tradizionale brindisi offerto dal Consolato Generale di Capodistria.