da “La Voce del Popolo” di Fiume
di Mariella Mehle
Vera Gheno ospite a Capodistria sul potere educativo delle parole
Il linguaggio e la comunicazione nella società contemporanea è stato il tema trattato venerdì sera presso la Sala cerimonie “San Francesco d’Assisi”. L’evento è stato organizzato dall’Unità capodistriana dell’Istituto dell’educazione assieme al Consolato Generale d’Italia con il sostegno dell’Università Popolare di Trieste. Come illustrato in apertura dal Console Generale d’Italia, Giovanni Coviello, si è trattato del primo incontro dedicato ai docenti degli istituti educativi del territorio in agenda per il 2023, iniziativa che accompagna i consueti seminari della lingua italiana.
Gradita ospite la sociolinguista e specializzata in comunicazione digitale, Vera Gheno, docente universitaria, scrittrice, traduttrice e collaboratrice per oltre vent’anni dell’Accademia della Crusca. Nel porgerle il saluto, il presidente dell’UPT Emilio Fatovic, ha espresso soddisfazione per la scelta del tema, ovvero il potere educativo delle parole nella formazione scolastica. Davanti a un uditorio composto anche da connazionali e altri cultori della lingua, la consulente pedagogica del governo italiano, Marisa Semeraro ha presentato la Gheno, divulgatrice di successo molto richiesta, per la sua abilità nel risvegliare l’attenzione per la riflessione sulla lingua. La relatrice si è detta felice di essere ospitata in una zona in cui le questioni di lingua hanno un peso particolare con diversi idiomi che convivono e dove ci si pongono più domande rispetto dove questo tipo di ricchezza non c’è. Lieta anche di vedere un folto pubblico attratto da un argomento che anni fa non sarebbe stato di tale richiamo. Avere padronanza della lingua, ha spiegato la docente, consente l’accesso a un patrimonio immenso che, per indolenza o imperizia, molti usano in maniera molto limitata. “Ognuno di noi è le parole che sceglie”, ha rilevato “conoscerne il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto, ci dà un potere enorme”. Oltre alle competenze linguistiche, ha poi spiegato, bisognerebbe dotare i discenti di competenze metalinguistiche che li inducono a ragionare sulla lingua con domande come “perchè parliamo, da dove vengono le parole, chi le crea, come abbiamo iniziato a parlare, come si evolve e muore una lingua, cosa facciamo nella quotidianità con le parole”. La Gheno è convinta che con le risposte a tali domande l’atteggiamento verso la lingua inevitabilmente cambia. Ha citato quindi Italo Calvino con il passo dalle sue “Lezioni americane”. “Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze”. Un appunto sull’uso superficiale della lingua che sembra essere stato scritto oggi, ha osservato l’esperta, che in parte è giustificato, perchè nella stragrande maggioranza dei nostri piccoli contesti basta usare la lingua con una serie di automatismi. “L’impoverimento è un problema quando l’automatismo diventa soverchiante. Limitarsi alla conoscenza e all’uso di un vocabolario di base è come non uscire dal proprio paesello avendo la possibilità di viaggiare, come mangiare ogni giorno la stessa pietanza per decine di anni”, ha rimarcato. Per ricercare quella “scintilla che sprizzi”, secondo la Gheno bisogna lasciarsi guidare dalla curiosità anche in ambito linguistico, scevri da pregiudizi. Cercare di capire le parole nuove con l’idea, che possono aggiungere un puntino sulla descrizione del mondo.